Veneziana

Diego Valeri

Diego Valeri

 

La biondina è sul balcone,
capo chino, ciglia basse,
tra le pallide erbe grasse
e il geranio vermiglione.
L’aria, i muri, il rio deserto
nel crepuscolo che muore
sono fisi al nuovo fiore
che Iassù risplende aperto.
Lei però non ne sa nulla:
monda attenta il suo giardi
ciglia basse e capo chino.
(Lei non è che una fanciulla
Ora par che all’improvviso
l’abbia alcuno nominata.
Guarda intorno trasognata,
leva al cielo il bianco viso.
Gli occhi d’oro van cercande
qualche ignota strana cosa
nella luce dubitosa
del crepuscolo amaranto.
Ma nel cielo non c’è nulla;
spenti i muri, chiuso il rio
nel suo cupo dondolio.
(Lei non è che una fanciulla.)

Un bimbo e il poeta

Diego Valeri

Diego Valeri

 

Mondo, mondo d’oro,
io sono il tuo piccolo re.
Quanto è bello e buono,
tutto fu fatto per me.
Pur ch’io mova un passo
fiorisce ai miei piedi il terren.
Prendo in mano un sasso
ed ecco, una gemma divien.
Mondo, dolce mondo
io sono il tuo piccolo re.
Giro, giro tondo:
tutta la gioia per me.
Bimbo, bimbo bello
sono il tuo fratello.
Fammi entrare un poco
nel tuo caro gioco!
So la tua magia
:è la poesia.

Si cammina sul filo degli anni

Diego Valeri

Diego Valeri

 

Si cammina sul filo degli anni
da esperti funamboli.
È un difficile andare ma si va.
E intanto il mondo, attorno,
muta faccia e colore. Senza posa
ogni creata cosa
in poco d’ora ci diventa strana.
E con le cose ci mutiamo noi,
d’oggi in domani.
Solo sta fermo nel fondo di noi
quel nostro tempo primo,
l’infanzia, all’ombra della madre, sotto
il crocifisso piccolo di avorio.

Sentimenti dell’Autunno

Diego Valeri

Diego Valeri

 

Labile autunno: la foglia sospesa
al ramo nudo, mortalmente pallida;
la nuvola distesa,
bianca sopra l’azzurro; i fiori gialli…
Appena mosso, il vento è come voce
d’acqua che lenta vada alla perduta
sua foce.
Labile autunno: la foglia è caduta.

Quel pomeriggio dolce

Diego Valeri

Diego Valeri

 

Quel pomeriggio dolce
si andava lungo il fiume.
E ci sorprese a un tratto,
dall’altra riva,
un vasto coro, un alto
rammarichio di tortore selvagge
raccolte lì, chissà come, da quando.
Il bel fiume era l’Adda
errabonda per prati e campi,
tra leggiere boschine di pioppi.
Sopra era teso un cielo senza nubi,
appena nebuloso:
il bel cielo di Lombardia,
così bello, così in pace.

Orto

Diego Valeri

Diego Valeri

 

Di sul muretto bigio, un testo di gerani
mi sorride l’invito. Sosto. Oh felicità!
Dal cancello m’appare, tra vigne e melograni,
il viso allegro e mesto della mia prima età.
Orto d’altri, nessuno t’ha posseduto mai
come questo passante che, fermo sulla tua soglia,
guarda le roselline vibrare sui rosai
e il gran cespo di lauri lustrare da ogni foglia.
Nessuno ha tanto amato la tua bellezza buona
tra il nereggiar del fico e il giallo dei bambù,
se non fosse l’uccello che a cantar s’abbandona
mentre sui fiori smania il calabrone blu…
Guardo e sorrido. E’ l’orto sognato in fanciullezza,
nello squallido esilio d’un chiuso terzo piano.
Tanta frescura molle, tanta rude dolcezza
sveglia il mio cuore antico do poeta-ortolano.
Guardo le architetture ricche di pergolati,
i fagioli e i piselli in ricci rococò,
i pomodori verdi appena un po’ arrossati,
la rosa troppo rosa sul petto del bersò,
le tenere lattughe presso la concimaia,
le salvie inargentate su l’orlo delle aiuole,
i cupi rosmarini dentro la turba gaia
delle dalie vermiglie ubriache di sole…
Come mi ride il cuore!
Piccole cose care,
da quanto quanto tempo vi avevo entro di me…
Ma vedo un ragnatelo luccicare e tremare…
E il cuor mi piannge; e sono triste; e non so perché…

Il campanellino

Diego Valeri

Diego Valeri

 

Ci fu nel tempo antico un pastorello
che aveva dieci pecore e un agnello.
Era povero molto, e inverno e state ..
andava per montagne e per vallate.
Andava solo, senza pur un cane,
mangiando qualche frutto e un po’ di pane;
andava e andava tutto il dì; la notte,
dormiva negli stazzi e per le grotte.
Ecco che un giorno, un sabato d’agosto,
che s’era soffermato presso un bosco
a pascer quelle sue pecore d’oro
e l’agnellino bianco come l’uovo,
gli arriva a orecchi un suono… un suono strano
non sapea se vicino o se lontano.
Canto d’uccelli non era, nè fronde
mosse dal vento, nè ridere d’onde; .
non era il bosco nè il ruscello in piena…
Era come una voce di sirena!
Ascolta attento e proprio gli sembrava :
una donna che a nome lo chiamava;
ma lo chiamava così dolcemente
come sopra la terra non si sente.
Allora dice al suo piccolo armento:
Statevi quete, e torno in un momento.
Si reca in spalla l’agnellino bianco,
e va e cammina, e va verso quel canto.
Traversa tutto il bosco, e va e cammina,
in fin che arriva ad una porticina.
Entra, e si guarda intorno, é fiori e stelle,
e perle, a cento, a mlle… Uno splendore!
Nel mezzo, una fanciulla occhio di sole
tesseva a un suo telaio, che suonava
come un organo e il canto accompagnava:
Pastorello poveretto
lascia il gregge e viene a me.!
Sé vorrai restar con meco
sarai ricco più d’un re.
Il pastore mirava sbigottito
quella gran festa, e non movea dito:
e la bella, al telaio, sorrideva,
e il suo canto soave riprendeva:
Pastorello poverino,
gemme, perle ed oro fino,
se lo vuoi tutto è per te.
Ora il pastore stava già per dire:
Resto, son tanto stanco di patire;
quando sentì sul collo il buon tepore
dell’ agnellino e il battito del cuore.
Pensò la greggia, le vallate e i monti,
l’ombra dei boschi e il chioccolio dei fonti…
Si guardò intorno… Nulla più di bello!
nulla… oppure, ecco, solo un campanello:
un campanello piccolo di rame
entro un mucchio di gioie e di collane…
Si prese quello, ringraziò la fata
e tornò fuori all’ aria profumata…
Traversa tutto il bosco, e va e cammina,
e finalmente alla sua greggia arriva
C’erano tutte… Un breve salutare;
e i dodici ripresero ad andare.
E innanzi a tutti andava l’agnellino,
scotendo al collo il suo campanellino.

Estate

Diego Valeri

Diego Valeri

 

Un fresco sussurrio d’acque correnti:
è il pero che stormisce sul mio capo,
tocco appena da un alito di vento.
Levo lo sguardo dalla bianca pagina
su cui da’ rami piovono fuggevoli
occhiatine di sole abbarbaglianti.
Intorno a me non è che un dondolio
lungo di steli dalla grossa testa
e uno svolio di vespe e di mosconi.
Null’altro vedo dal mio letto d’erba,
se non, in cima al colle. un filaretto
d’azzurri ulivi, dentro il cielo candido.
Ma sento, sento che un’immensa gioia
e un’infinita pace è in ogni cosa,
che in ogni fibra e in ogni infinitesimo
atomo vivo è penetrata e regna
la tua felicità, divina Estate …

E così te ne vai tu pure, estate

Diego Valeri

Diego Valeri

 

E così te ne vai tu pure, estate.
Di giorno in giorno più breve è la luce,
più basso il cielo.
Un’ala lunga di vento
si stende liscia su la faccia del mondo.
È il vento umido, molle, delle sere precoci.
Cosa più resta al vecchio cuore
che già si gonfia di pianto?
Restano le tristi dolcezze di autunno
E la luce dell’ultima sera.