Dall’imagine tesa

Clemente Rebora

Clemente Rebora

Dall’imagine tesa
Vigilo l’istante
Con imminenza di attesa –
E non aspetto nessuno:
Nell’ombra accesa
Spio il campanello
Che impercettibile spande
Un polline di suono –
E non aspetto nessuno:
Fra quattro mura
Stupefatte di spazio
Più che un deserto
Non aspetto nessuno:
Ma deve venire,
Verrà, se resisto
A sbocciare non visto,
Verrà d’improvviso,
Quando meno l’avverto:
Verrà quasi perdono
Di quanto fa morire,
Verrà a farmi certo
Del suo e mio tesoro
Delle mie e sue pene,
Verrà, forse già viene
Il suo bisbiglio.

Il nulla

Clemente Rebora

Clemente Rebora

Apro finestre e porte –
Ma nulla non esce,
Non entra nessuno:
Inerte dentro,
Fuori l’aria è la pioggia.
Gocciole da un filo teso
Cadono tutte, a una scossa.
Apro l’anima e gli occhi –
Ma sguardo non esce,
Non entra pensiero:
Inerte dentro,
Fuori la vita è la morte.
Lacrime da un nervo teso
Cadono tutte, a una scossa.
Quello che fu non è più,
Ciò che verrà se n’andrà,
Ma non esce non entra
Sempre teso il presente –
Gocciole lacrime
A una scossa del tempo.

La speranza

Clemente Rebora

Clemente Rebora

Speravo in me stesso: ma il nulla mi afferra.
Speravo nel tempo, ma passa, trapassa;
In cosa creata: non basta, e ci lascia.
Speravo nel ben che verrà, sulla terra:
Ma tutto finisce, travolto, in ambascia.
Ho peccato, ho sofferto, cercato, ascoltato
La Voce d’Amore che chiama e non langue:
Ed ecco la certa speranza: la Croce.
Ho trovato Chi prima mi ha amato
E mi ama e mi lava, nel Sangue che è fuoco,
Gesù, l’Ognibene, l’Amore infinito,
L’Amore che dona l’Amore,
L’Amore che vive ben dentro nel cuore.
Amore di Cristo che già qui nel mondo
Comincia ed insegna il viver più buono:
Felice amore di Spirito Santo
Che trasfigura in grazia e morte e pianto,
D’anima e corpo la miseria buia:
Eterna Trinità, dove alfin belli
– Finendo il mondo – saran corpi e cuori
In seno al Padre con la dolce Madre
Per sempre in Cristo amandosi fratelli,
Alleluia.

Ohimè, luce, ove sei?

Clemente Rebora

Clemente Rebora

Ohimè, luce, ove sei?
S’avvien che forma in noi rimanga al corpo
Mentre lo tesse e muta il sangue nuovo,
Dove sarà nel tramutar crudele
L’interno paragon della certezza?
Dove la sana limpida dolcezza
Che accomuni a un suo fedele
Senso l’anima infranta
Degli uomini accigliati?
Dove la fraterna visione
Che il palpito sorprende
Delle fuggevoli cose,
E fa divina l’ora che si vive?