Al di là dello specchio fatato

Cinzia Demi

Cinzia Demi

Da “Al di là dello specchio fatato” Fiabe in poesia
(Il Filo, Viterbo, 2010)
Il libro è un viatico per attraversare la soglia dell’altrove dove unire la fiaba con la poesia, dove provare a vincere le paure dell’inconscio, incontrare eroi ed eroine in una pausa narrativa che permetta di carpirne i segreti, lo stato d’animo, le laboriosità delle imprese. Cosa raccontano le fiabe attraverso il loro linguaggio veloce e la corsa verso il tempo degli eroi e delle eroine? Come si sposa la poesia con la fiaba? Cosa può aggiungere o togliere all’intreccio della trama? Cappuccetto Rosso, Pelle d’asino, Rosaspina, La piccola Fiammiferaia, Barbablù e persino il burattino Pinocchio (per il cui romanzo Collodi pesca molto dal fiabesco) vengono così raccontati in un’insolita veste che approfondisce le tematiche sociali che le loro storie contengono.
[…]
Cappuccetto Rosso
perché quel mantello rosso
perché proprio nel bosco
e perché quel lupo ti attirò
t’incantò col suo fare così losco
non bastarono
della mamma i consigli
i sospiri della nonna
i forti battiti del cuore
a fermare l’ardore
stregata dai suoi occhi
da tutto quel calore
dall’odore selvatico
il viatico iniziasti
della più nera perdizione
maledizione alla morale
– mi piace non può far male –
pensasti ormai rapita
non è questa la vita
non è forse un’occasione
eri già tra le sue braccia
o zampe dovrei dire
tra le sue fauci finita
addormentata per sempre
in un boccone scordata
ti trovò il cacciatore
bianca accovacciata
nel lenzuolo di seta
di rosso solo un lembo
fra le cosce e il pianto fermo
***
Pinocchio
c’era freddo quel giorno
il freddo di sempre
sotto i vestiti invadente
a strappare il berretto
di mollica
a Pinocchio
– stupido cielo stamattina
che t’accanisci su di me –
disse quel legno
dal mondo parallelo
burattino
o bambino
alla pianta di corsa
sarebbe ritornato
o a casa dal suo babbo
– ah, non fosse mai scappato –
ma la corsa
era alla morte
poteva sempre entrare
da tutte le sue porte
con lutti di bambine
e catene e impiccagioni
e fritture
e annegamenti
e poi tutti quei padri
da Mangiafuoco ai ladri
e ancora gli animali e quanti
da soma da lavoro da circo
da galera
consiglieri petulanti
e in bocca al pescecane
un buio sempre più fitto
rigurgiti di pesce
e un vecchio zitto zitto
è lui
Mastro Geppetto
-Oh, padre
a casa ti posso riportare –
e il naso gli scompare
il legno si fa carne
ora
non è più strano
la Fata gli può dare
le vesti sue d’umano
ma è un Cristo ancora in croce
che impone la sua voce
povertà per vanità
è il prezzo da pagare

Ero Maddalena

Cinzia Demi

Cinzia Demi

Da “Ero Maddalena”
(Puntoacapo Editrice, Novi Ligure, 2013)
Dall’ascolto di una delle figure più controverse delle donne della Bibbia, nasce il poemetto “Ero Maddalena” monologo intimo e doloroso di una donna dei nostri giorni. Un lavoro di carne e sangue, di spirito e inconscio, che affronta le problematiche femminili della violenza e della fede nell’ottica della figura più vicina a Gesù, da lui stesso scelta quale compagna di viaggio per le sue missioni profetiche. Un’attualizzazione che forse mancava.
[…]
mi avvolgo nei miei capelli
come api nell’arnia
cenere e acqua nell’urna
ed è miele che cola dal pianto
se ti guardo città nel viale
squarcio di foglie impazzite
rinverdite al lamento
torno indietro
alla mela acerba che fu
e a quegli occhi di sirena
di donna sola
come il silenzio come la pena
***
è un nome che cerco
che esca da quella porta sbattuta
che mi si appiccichi addosso
come la creta
sul palmo e sul dorso
pesante delle sue mani
come la voce che grida
falena di schianto nel pianto
che accoglie la medesima
tortura la bestia oscena
che poi mi accarezza
mi tenta mi dice rimani

Il tratto che ci unisce

Cinzia Demi

Cinzia Demi

Da “Il tratto che ci unisce”
(Prova d’Autore, Catania, 2009)
Un libro con una poesia tesa a rammagliare il mondo. Una lotta per non dare perduto nulla delle relazioni principali, e dei tesori della percezione anche occasionale. Una poesia di veglia, e di una veglia che brucia sia ai margini della cittàcontemporanea e dei suoi vivissimi drammi, sia nel luogo feriale e femminile, la cucina. Un libro che ha sempre qualcosa in tavola: troverete pane, torte, anche tagliatelle. Su una tavola però colta nei momenti soprattutto di preparazione, e specialmente di quella preparazione quasi magica, di pienissima solitudine che peròè al tempo stesso vivissima partecipazione al mondo e alle persone care cheè la preparazione di notte.
[…]
c’era domenica
ci s’accorgeva subito dagli odori
un trionfo il tegame col sugo che bolliva
la ciambella nel forno
e le tagliatelle già sparse sulla tovaglia
ad asciugare
e che sole a primavera
dallo spiraglio delle persiane
una quiete senza macchine
con le rondini a rincorrersi
il suono della campana
all’ora della messa
nel vestirsi più cura
le scarpe nuove e i capelli appena lavati
col tremore dell’attesa d’uno sguardo
in chiesa tra la folla
si alzavano gli occhi in preghiera
tra le mani giunte e il canto
poi nel ritorno
quello sguardo c’accompagnava
fino a sera
era il preludio dell’amore
nell’innocenza di quei pochi anni
bastava a riempire il mondo
bastava per aspettare
la prossima domenica
tra le pagine dei libri aperte
sui banchi di scuola
con le nuvole tra le mani
e i sogni ancora intatti
***
quando lavoro fino a tardi Maria
quando esco in quella poca luce
azzurrina della sera
coni pensieri confusi
con gli occhi stanchi socchiusi
non sempre ti penso Maria
Maria mentre vada di corsa
verso l’autobus che scappa
rovisto il rigo per la cena
ripasso l’area per mio figlio
e il compito di geometria
non sempre ti penso Maria
Maria mentre asciugo
le lacrime di mia figlia
sempre distratta, innamorata
impaurita come me
che cerco d’insegnarle la via
non sempre ti penso Maria
Maria quando vedo
mio padre soffrire
mia madre invecchiare
le mie mani perdere forza
la mia voce melodia
non sempre ti penso Maria
ma se il tuo sguardo mi prende Maria
sull’altare o per la via
il tuo sguardo di ragazza
troppo presto e troppo amata
sento a pelle l’ebbrezza
la tua bellezza nel tempo fermata
e capisco Dio Maria
che da te è voluto nascere
che con te è voluto crescere
Tu che sei il capolavoro
della sua grande regia

Incontri e Incantamenti

Cinzia Demi

Cinzia Demi

Da “Incontri e Incantamenti”
(Raffaelli editore, Rimini, 2012)
Un libro che nel quale si riscontra l’annosa questione, ma definitivamente risolvibile, che ogni poeta di ogni tradizione deve porsi, cioè quella della lingua in cui scrivere. La risposta è stata trovata ascoltando la poesia di Giorgio Caproni e attingendo al suo percorso di scoperta di una nuova lingua, […] L’incontro e il reportage poetico di queste storie svela, in filigrana, un tema caro alla poetessa, ricorrente nella sua interrogazione, quello del tempo. L’inquietudine per il suo trascorrere e la ricerca dei segni di una durata oltre l’effimero torna di frequente.
[…]
è nelle zolle
perle di verderame
cangiare d’alberi
e biancospino candore
è nel calore di mimosa
è nel prunalbo
stemprato di mare
e vendemmie
che sta il mio cuore
e che preme
come piede
che affonda la zappa
come schiena ricurva
e sudore che bagna
le mani callose
a svoltare
la sabbia e l’argilla
a rimettere il seme
su quel solido posto
per un nuovo raccolto
che riaffondi radici
che ridia le memorie
come storie e conforto
come terra di padre
ancora nel volto
***
La bellezza è l’unica cosa contro cui
la forza del tempo sia vana.
Oscar Wilde . Aforismi

scende a volo radente
ritorna il Verbo sulla Terra
fra ni cerca dimora
fra noi che ancora
siamo la sua gente
si fa carne
nella voce del poeta
e luce sulla tela
scava nelle grotte graffiti
primo moto ritrova
fuoco di simbolo
segno e parola vera
è il legame d’inizio
la traccia segnata
della mente confine
anche tu hai scavato ora
con la forza della mano
del colore sincero
col tratto caldo è proprio lì
ciò che resta di vero
conservato e dato
ciò che avresti voluto
negli spazi d’arancio e d’oro
nei cieli azzurri d’amare
nei solchi rossi del crinale

La casa di Maria

Cinzia Demi

Cinzia Demi

Nell’Anno Santo 2015-2016, nel Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco, il lavoro di Cinzia Demi cerca di dare una delle tante possibili interpretazioni di questo gesto, tanto semplice quanto, a volte, dimenticato. L’idea di Misericordia dell’autrice parte dalla figura di Maria e dall’Annuncio che le viene fatto, accogliendo il quale la Vergine compie un gesto di Misericordia verso il mondo. Il lavoro svolto sull’Annunciazione rende una Maria simbolo di accoglienza e, come madre di tutte le madri, dà valore alla madre stessa capace di accogliere e quindi di essere misericordiosa.
Dal grande mistero dell’Annuncio e dall’alto valore simbolico dell’accoglienza, racchiuso nel sacro evento, nascono le figure umanizzate di Mara e Gabriele che non potranno non piacersi e che rinunceranno ai loro sentimenti per un fine più alto. Con un “convitato di pietra”, la “casa di Maria”, e un rappresentante del regno animale, che assurgono a testimoni dell’accaduto e diventano portatori del senso dell’accoglienza nel mondo reale calato nel destino stesso delle madri.
da “Maria e Gabriele l’accoglienza delle madri”
Sono venuto a compiere
la visione santa.
Dio mi guarda, mi abbacina…
Ma tu, tu sei la pianta.
Rainer Maria Rilke
Annunciazione (le parole dell’angelo)
dal Libro delle immagini
[…]
non mi pensate come
se fossi un reliquiario un tempo
avevo appesi ai miei chiodi
gli angoli e le vesti della festa
ero le gesta lo spirito
di una donna innamorata
della sua normalità
in me avvenne il miracolo
l’eccezionalità
insieme entrammo
nella storia in noi fu
l’oasi d’ascolto
che a Dio dette la gloria
nel silenzio smarrito
che vedemmo
farsi mistero farsi ordito
*
un senso sono qui
per dare un senso
alle emozioni stelle polari
o anfore del buio
alla potenza del destino
che si fa ombra
in un fremito di grembo
all’accoglienza che chiede
spazio alla nostra vita
e non al tempio
come la madre che
accolse il figlio
sapendo quanto fosse
seme e poi embrione
già nella voce dell’angelo
già nell’Annunciazione
*
le madri sole vi dico
conoscono l’attesa
le madri sole hanno
nel corpo l’accoglienza
l’infiorescenza del polline
portata fin sulle curve dei ponti
sui pennoni sui barconi
di pece e amianto
quando pulsa la marea
della sera quando si alza
un canto un canto che
pare un tepore di nulla
rubato agli uccelli notturni
alle ricolme acquasantiere
dei gommoni alle mani
che benedicono lo stesso
[…]
portata e raccolta
dal mistero dell’angelo
a una semplice donna
una che non è ancora storia
una che non è Madonna
“Rallegrati, piena di grazia,
il Signore è con te” le dice
aprendo l’insenatura
formando un disegno
sul corpo che è già
ricolmo e che brucia
mentre si adagia sul fianco
*
mentre cerca o crede
e ha già capito
che il suo ascolto
sarà il futuro
la fecondità la forza
del domani stringerlo
quel ventre col sorriso
già pieno d’amore
voltarsi a quella luce
chinarsi al suo volere
ora può ripassare le parole
accennare a un saluto
non temere
le fattezze o l’ardore
compiuto è il passaggio
impaginato il messaggio
*
e raccolto in un diario
aperto e quotidiano
scritto con i gesti
col segno della croce
raccontato a voce
in quell’ultima periferia
del mondo questa è la storia
di Maria la storia di Maria
che vide l’Angelo del Signore
che accolse il Salvatore
che si fidò di una parola
data ne fu per sempre
trasformata questa
è la storia che si racconta
ancora per l’accoglienza
che venne data

Nel nome del mare

Cinzia Demi

Cinzia Demi

a Piombino, la mia città
aspetti sempre che qualcosa succeda
mentre alzi gli occhi
agli alberi che temono l’autunno
la strada si è fatta più lunga e
quel cartellone ieri non c’era
è una milizia certa quella del tempo
da assoldare nell’esercito mercenario
per le guerre sull’ altare di pietra
nella chiesetta – frontiera del Golfo (1)
contro il pallore del mare d’ottobre
pagarlo e lasciarlo libero di fermarsi
un poco a riposare senza fretta
provare a bagnarsi le mani dove
scorre la sabbia di ematite
raccogliere una scheggia di bucchero
e costruirci un bicchiere
bere un sorso di maestrale
da quella breccia che ingrossa
l’aria di sale antico e tamerici
magari è così che si cresce
dopo il pane con zucchero e vino
dopo le vendemmie e le rose
quando tutte le cose sfumano
in un sentire lontano e dici
è così che si cresce per le croci
da cui siamo fuggiti
per quell’aria soffocante di casa
dove l’orizzonte era solo una linea
magari è così che s’incontrano teatri
con le quinte a colori vivaci
rammendate che non importa quanto
è così che si consumano chilometri
si stringono corpi si gettano paramenti
argenti s’indossano senza più valore
senza l’ardore che ci fece scuola
e aspettando ancora si torna all’inizio
si alzano gli occhi
agli alberi che sono già primavera
la strada è più corta ora
e di quel cartellone lo scritto è sbiadito
(1) Il Golfo è quello di Baratti, nel comune di Piombino (LI) dove sono nata.