Sei quasi spettro carenato con ossa pneumiche tra poco ce la fai a decollare Icaro fasullo prodotto dell’ingegno e di colpo il vuoto mi perfora non ho adipe da perdere 1’ombra lunga della scabra identità mi intimizza cogli intellettuali volanti nell’estro surreale del nuovo regno. da PRIMA DURANTE DOPO
Sciogliere nel sangue questa roccia tanto amica. Ora che sono vicino alle nubi e il cielo mi annega so di capire il tempo che mi sta intorno senza nome puro come la voce d’iddio. Mi segui nel mare di vento che intristisce la pelle e crei la mia opera. Restare così fissi ascoltando le mani che cercano il vuoto la pietra. da LA NAVE PER ATENE
Dentro la pigra mitosi dell’inverno abbiamo attinto il grido schiumoso del fuoco gli aromi, il sibilo di lunghi viaggi. Dalle cime un caldo solcava smerigliava le rovine prestigiose il cilindro della nostra estate, qualche suono-cinabro ai cipressi. A soqquadro quelle pietre ci parvero esate, parole sulla soglia, astrusi trofei scherniti dagli aghi di pino. Fummo tempuscolo di fuoco, contrazione rapida, aquila accorta sinapsi. * Sulla losanga del gabbiano nei cristalli glissa, s’affila dei frutici fatua supinazione lacunare diaframma-mare. Negli archi il mio dorso nudo, giungla d’arenaria, gomiti seni liquidosi, foglia d’un volto di barca, cruna drepano-luna. da VANITOSO PIANETA
Vedo le luci dell’altra riva avvicinarsi lente sulle acque e sento il loro tremare nel mio sangue. Questa notte è solo parole che varcano sponde. Le membra sono ulivi la bocca è una valle le mani un vento. II mondo non sa il mio segreto ma tu conosci i miei approdi. Il tuo volto esce dall’acqua soave come un’onda. Preghiamo il tempo che ci porti lontano.
Era un giorno di vento le foglie cadevano sincere. Era buio ma c’era il sole o forse no, non ricordo. Poi sono morta col sorriso sulle labbra, E ora cosa m’importa che il cielo mi copra, che la terra mi soffochi? Io sono morta. Niente conta più. Dopo aver scoperto che chi era Dio è un uomo che vive, pensa, soffre sogna, dopo che ho bevuto le sue parole, le sue lagrime si sono fuse colle mie. Ora sono morta morta. È bello morire sorridendo. E anche se non vivrò più che importanza può avere ora che so? da SCIARADA MALINCONICA
Lo scometo neta biologia dei bocete e de la vita calante alcova rinverdia de scritura de l’età maura. Nel sesto decenio el me xe spanìo da vero sincero smissià coi libri de le docense foto zale scartofie de pension gnancora definia po sinque ani, coi spasmi del precordio e pression el me nitzanana anca nel troto roto senile eI me liga aI conereto cavandome i selegati sensa sigarme par sgorbi de acenti e ortografia nel voIerlo maridare co la lengua matricolada. EI m’intiva sempre versendome l’eden e I’Eva fruà de la langue. Me smissio inretoricà sensa idee ciare e co passiensa voria riscrivare tuto ma me lasso parlare segnare da bon ad libitum. Lo scommetto netta biologia/dell’infanzia e della vita calante/alcova rinverdita di scrittura/dell’età matura. Nel sesto decennio/è in. me sbocciato proprio sincero/mescolato coi libri delle docenze/foto gialle scartoffie della pensione/non ancora definita dopo cinque anni,/cogli spasmi del precordio e della pressione/mi fa la ninna nanna anche nel trotto/rotto senile mi lega al concreto/strappandomi i segreti senza sgridarmi/per errori di accenti e d’ortografia/nel volerlo maritare con la lingua egemone. Sempre mi indovina/aprendomi il paradiso e la Eva consunta/della langue. Mi mescolo retoricizzato/senza idee chiare e con pazienza/vorrei tutto riscrivere ma mi lascio/ parlare segnare per bene ad libitum.
Un cavedio ecologico di sogno la luna si specchia nell’argento di parole. Paranoica tensione stizza la luce della ragione il volo amico in Sicilia annusa la cicoria della mafia. Nella voce visiva qualcosa tra loro fa lo gnorri e non c’è posto per le lagrime filaccie. L’impazienza subbuglia un cuore cionco di confronti. Il delay esegetico forzerà le porte della mente. La flora incalcolabile sulla cima del colle esplode foto ghiottona scatta il sole smagliante sul fiume verbigerano umori di poesia. La voce subdolamente porta via spaziotempo, vento che irretisce dall’aereo energia di luci e domande arrotolate. Una supercorda regge concetti eleganti culmini del cuore ghiotterie gnaomosce di pronuncia. Valori di quiete diffondono nelle mani quando Pilato è lontano. L’editore raccomanda di bozzare le tabelle ormai per il prossimo mese se l’atmosfera è cordiale. Un libro piomba in visione sul cranio la traduzione potrebbe anche andare tra inspiri profondi e furti di sonno. da SACCADE
Parola pìrola pàrola nel scuro doping scorpion sbate sul muro specioso colabrodo la sfibra sangue servelo figà langue in bivachi imbriagoni infumega magna fora tuto ingrassa giro losco smorsa l’istinto de vita vis-ciosa calamita stracopa 1’anema brusca al fiele la boca. De la socia ben altro torente xe stà dito scrito contrito. Parola pìrola pàrola al buio/fa doping scorpione sbatte sul muro/specioso colabrodo lei sfibra/sangue. cervello fegato, langue/in bivacchi etilisti affumica/sperpera alimenta giro/losco, spegne l’istinto di vita/vischiosa calamita distrugge l’anima/pota al fiele la bocca./Della ribalda ben altro torrente/è stato detto scritto da EL SABO
Non sai assegnare nomi alle cose e bleffi la tua origine veloce con la smorfia del mandorlo in fiore la ragione è chiara: le collisioni blu spampanano lo sforzo di cogliere le voci della luce e i riflessi delle ombre. Forse ti attieni al fenomeno che rincorre i profili del pensiero quindi il respiro inventato dal principio tensioattivo, talora strazio nella culla termostatica. E le ombre che non entrano negli occhi ma furtive rappezzano divaricano le gambe strofinano le posture
Da quando el volante m’insende incapo neí posti batui dai pedoni qualche sparuta farfala incredula me rasenta e slissega la mente de ‘ste moche no se sa più gnente qualche muceto de parole ciare pesae forse ciamae lemmi e rare me dà el naturale ma no le toco gnanca le scrivo, finta de no saverse, no le me magna e in busìa veniale el naso se slonga e m’impinocio. Da quando il volante mi nausea/mi ritrovo nei luoghi percorsi dai pedoni/qualche farfalla sparuta incredula/mi sfiora e scivola il pensiero/non si sa più niente di queste moine/qualche grumetto di parole chiare/ponderate chiamate lemmi e rare/mi dona il naturale ma non le tocco/nemmeno le scrivo, si fa lo gnorri/non mi divorano e in bugia veniale/il naso si allunga e divento Pinocchio. da ETICA DECLIVE
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