Uccelli e le luci

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Sei quasi spettro carenato con ossa
pneumiche tra poco ce la fai a decollare
Icaro fasullo prodotto dell’ingegno
e di colpo il vuoto mi perfora
non ho adipe da perdere 1’ombra lunga
della scabra identità mi intimizza
cogli intellettuali volanti
nell’estro surreale del nuovo regno.
da PRIMA DURANTE DOPO

Un tempo senza nome

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Sciogliere nel sangue
questa roccia tanto amica.
Ora che sono vicino alle nubi
e il cielo mi annega
so di capire il tempo
che mi sta intorno senza nome
puro come la voce d’iddio.
Mi segui nel mare di vento
che intristisce la pelle
e crei la mia opera.
Restare così fissi
ascoltando le mani
che cercano il vuoto la pietra.
da LA NAVE PER ATENE

Contrazione rapida (Delfi)

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Dentro la pigra mitosi
dell’inverno abbiamo attinto
il grido schiumoso del fuoco
gli aromi, il sibilo di lunghi
viaggi. Dalle cime un caldo
solcava smerigliava
le rovine prestigiose
il cilindro della nostra estate,
qualche suono-cinabro ai cipressi.
A soqquadro quelle pietre
ci parvero esate,
parole sulla soglia,
astrusi trofei scherniti
dagli aghi di pino.
Fummo tempuscolo di fuoco,
contrazione rapida, aquila
accorta sinapsi.
*
Sulla losanga del gabbiano
nei cristalli glissa, s’affila
dei frutici fatua
supinazione lacunare
diaframma-mare.
Negli archi il mio dorso
nudo, giungla d’arenaria,
gomiti seni liquidosi, foglia
d’un volto di barca, cruna
drepano-luna.
da VANITOSO PIANETA

da TEMPO SENZANOME

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Vedo le luci dell’altra riva
avvicinarsi lente sulle acque
e sento il loro tremare nel mio sangue.
Questa notte è solo parole
che varcano sponde.
Le membra sono ulivi
la bocca è una valle le mani un vento.
II mondo non sa il mio segreto
ma tu conosci i miei approdi.
Il tuo volto esce dall’acqua
soave come un’onda.
Preghiamo il tempo
che ci porti lontano.

di Francesca

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Era un giorno di vento
le foglie cadevano sincere.
Era buio ma c’era il sole
o forse no, non ricordo.
Poi sono morta
col sorriso sulle labbra,
E ora cosa m’importa che il cielo
mi copra, che la terra mi soffochi?
Io sono morta. Niente conta più.
Dopo aver scoperto che chi era Dio
è un uomo che vive, pensa, soffre
sogna, dopo che ho bevuto le sue parole,
le sue lagrime si sono fuse colle mie.
Ora sono morta morta. È bello morire
sorridendo. E anche se non vivrò più
che importanza può avere ora che so?
da SCIARADA MALINCONICA

El dialeto

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Lo scometo neta biologia
dei bocete e de la vita calante
alcova rinverdia de scritura
de l’età maura. Nel sesto decenio
el me xe spanìo da vero sincero
smissià coi libri de le docense
foto zale scartofie de pension
gnancora definia po sinque ani,
coi spasmi del precordio e pression
el me nitzanana anca nel troto
roto senile eI me liga aI conereto
cavandome i selegati sensa sigarme
par sgorbi de acenti e ortografia
nel voIerlo maridare co la lengua
matricolada. EI m’intiva sempre
versendome l’eden e I’Eva fruà
de la langue. Me smissio inretoricà
sensa idee ciare e co passiensa
voria riscrivare tuto ma me lasso
parlare segnare da bon ad libitum.
Lo scommetto netta biologia/dell’infanzia e della vita calante/alcova rinverdita di scrittura/dell’età matura. Nel sesto decennio/è in. me sbocciato proprio sincero/mescolato coi libri delle docenze/foto gialle scartoffie della pensione/non ancora definita dopo cinque anni,/cogli spasmi del precordio e della pressione/mi fa la ninna nanna anche nel trotto/rotto senile mi lega al concreto/strappandomi i segreti senza sgridarmi/per errori di accenti e d’ortografia/nel volerlo maritare con la lingua egemone. Sempre mi indovina/aprendomi il paradiso e la Eva consunta/della langue. Mi mescolo retoricizzato/senza idee chiare e con pazienza/vorrei tutto riscrivere ma mi lascio/ parlare segnare per bene ad libitum.

L’intorno del sogno

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Un cavedio ecologico di sogno
la luna si specchia nell’argento
di parole. Paranoica tensione
stizza la luce della ragione
il volo amico in Sicilia annusa
la cicoria della mafia.
Nella voce visiva qualcosa
tra loro fa lo gnorri e non c’è posto
per le lagrime filaccie. L’impazienza
subbuglia un cuore cionco di confronti.
Il delay esegetico forzerà
le porte della mente.
La flora incalcolabile sulla cima
del colle esplode foto ghiottona
scatta il sole smagliante sul fiume
verbigerano umori di poesia.
La voce subdolamente porta via
spaziotempo, vento che irretisce
dall’aereo energia di luci e domande
arrotolate. Una supercorda regge
concetti eleganti culmini del cuore
ghiotterie gnaomosce di pronuncia.
Valori di quiete diffondono
nelle mani quando Pilato è lontano.
L’editore raccomanda di bozzare
le tabelle ormai per il prossimo mese
se l’atmosfera è cordiale. Un libro
piomba in visione sul cranio
la traduzione potrebbe anche andare
tra inspiri profondi e furti di sonno.
da SACCADE

Parola Droga

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Parola pìrola pàrola nel scuro
doping scorpion sbate sul muro
specioso colabrodo la sfibra
sangue servelo figà langue
in bivachi imbriagoni infumega
magna fora tuto ingrassa giro
losco smorsa l’istinto de vita
vis-ciosa calamita stracopa 1’anema
brusca al fiele la boca.
De la socia ben altro torente
xe stà dito scrito contrito.
Parola pìrola pàrola al buio/fa doping scorpione sbatte sul muro/specioso colabrodo lei sfibra/sangue. cervello fegato, langue/in bivacchi etilisti affumica/sperpera alimenta giro/losco, spegne l’istinto di vita/vischiosa calamita distrugge l’anima/pota al fiele la bocca./Della ribalda ben altro torrente/è stato detto scritto
da EL SABO

Preludio alla vita

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Non sai assegnare nomi alle cose
e bleffi la tua origine veloce
con la smorfia del mandorlo in fiore
la ragione è chiara: le collisioni blu
spampanano lo sforzo
di cogliere le voci della luce
e i riflessi delle ombre.
Forse ti attieni al fenomeno
che rincorre i profili del pensiero
quindi il respiro inventato dal principio
tensioattivo, talora strazio
nella culla termostatica.
E le ombre che non entrano negli occhi
ma furtive rappezzano divaricano
le gambe strofinano le posture

Spasemanti

Cesare Ruffato

Cesare Ruffato

Da quando el volante m’insende
incapo neí posti batui dai pedoni
qualche sparuta farfala incredula
me rasenta e slissega la mente
de ‘ste moche no se sa più gnente
qualche muceto de parole ciare
pesae forse ciamae lemmi e rare
me dà el naturale ma no le toco
gnanca le scrivo, finta de no saverse,
no le me magna e in busìa veniale
el naso se slonga e m’impinocio.
Da quando il volante mi nausea/mi ritrovo nei luoghi percorsi dai pedoni/qualche farfalla sparuta incredula/mi sfiora e scivola il pensiero/non si sa più niente di queste moine/qualche grumetto di parole chiare/ponderate chiamate lemmi e rare/mi dona il naturale ma non le tocco/nemmeno le scrivo, si fa lo gnorri/non mi divorano e in bugia veniale/il naso si allunga e divento Pinocchio.
da ETICA DECLIVE