Chi può dormire mentre lei— lontana centinaia di chilometri sento quel vasto respiro sventaglia le sue inquiete carte da gioco. Di cicatrice in cicatrice ciascun anello tintinna una volta. Eccoci madre sull’oceano senza navi. Pietà di noi, pietà dell’oceano, eccoci.
È Febbraio. Il ghiaccio è ovunque. Si notano vari livelli di ghiaccio. I suoi colori— azzurro bianco marrone grigionero argento—variano. C’è ghiaccio che ha al centro dei pezzetti di ghiaia o di ombre. Ce n’è di liscio come un fianco, che non riesci a starci in piedi. Standoci sopra il vento si assottiglia, a brandelli. Tutto ciò che volevamo, si sbrindella. I piccoli non riescono a starci sopra. Non una lettera, non un colpo di lettera, può starci. Ciecamente—ciò che dal mondo vi è giunto—s’infiamma. È Febbraio. Il ghiaccio è ovunque. Si notano vari livelli di ghiaccio.
Ora la primavera si dischiude. Ora l’equinozio cessa le sue furie blu si quietano Come pagine. Ti dico lascia Troia lascia la terra che brucia, loro l’han già fatto. Guarda cambieremo tutto tutti i significati Tutte le chiare città d’Asia tu e io. Ora la mente non è anch’essa un’avida precipitosa vagabonda? Ora ai piedi crescono foglie così felici di vedere di chi il verde adeschi. Aspetta. O tesoro non andare. Indietro per la vecchia via percorri una nuova via.
Verso il tramonto, credo, cominciammo a bere. E sdraiati per terra a scrivere versi Per canzoni quella fredda Notte l’odore che entrava Dalla finestra me ne andai alle quattro andai A casa. Aprii il frigo. Lo richiusi mi stesi mi alzai. Mi stesi. Giacqui. Mi girai. Non ancora mattino. Voglio solo parlarti. Perché l’amore accade? Così poi invecchiai e morii e scrissi questo. Attenzione è affilato.
Mentre parlo a mia madre riordino le cose. I dorsi dei libri accanto al telefono. Le graffette in un piatto di ceramica. Residui di gomma da cancellare che punteggiano la scrivania. Parla con trasporto della morte. Mi metto a girare le graffette dall’altra parte. Fuori dalla finestra la neve cade in linee rette. A mia madre, amore della mia vita, descrivo cos’ho mangiato a colazione. Ora le linee cadono più veloci. La sorte ha posto dei piccoli pesi agli estremi (per farci più veloci) le voglio dire—segno della pietà divina. Non mi farò fermare da lei dice, non mi farò costringere. Miracoli ci scivolano alle spalle. Le graffette sono allineate per sempre. Pietà divina! Per quanto tempo lo sentirò bruciare, disse la bambina per essere gentile.
Luce sui muri di mattoni e un vento del nord che sferza i rami neri. Ombra che strappa le budella della luce secche al contatto del suo palmo. Mangia la zuppa, madre, ovunque tu sia nella tua testa. Mezzogiorno d’inverno che avanza. Deboli soli ancora vivi quasi danno forza ai soli dell’altro giorno. Ché il povero paese sogna di arrendersi, madre mai non tenera, madre prode e gaia.
Il freddo discorre su un muro romano. La luce è un estremo (afferrato) e le ombre aspettano come cappucci da abbassare. Il cervello picchietta due volte per il sale. È Ovido che ha detto, Qui c’è tanto di quel vento che le pietre si smemorano.
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