UN MADIDO ABISSO ci ha tra le mani, che venga notte che venga giorno tundra o tajgà, nei vetri bianchi di ghiaccio nei vetri imperlati di pioggia il treno è in fuga. Si gioca a carte, fissi volti rosee mani fisse nel gesto, come frutti sepolti. L’artico nulla, un brusio senza sonno il tutto umano, Oh! lasciali tutti parlare, sono bolle che scoppiano in superficie, gorgogliano, tu taci, taci, se ti lasci andare lo sai, parli una lingua insopportabile. Anna Maria Carpi(Milano, 1939), daQuando avrò tempo(Transeuropa, 2013)
Una vita sola? Io so che ce n’è un’altra: sarà come stasera, questo caffè dentro la stazione e la pioggia che lucida il piazzale e il vai e vieni di colori e di ombrelli. Caldo e voci all’interno – tu cosa bevi? e tu? Sempre lo stesso? Salute! Salute a te, e dimmi come stai. Tu mi ascolti la faccia tra le mani e io ti ascolto con i cinque sensi e questa sera non andiamo a casa. Quel che diciamo – cose da niente, ma ritorna il candore e la voglia di ridere e una giovane smania di consacrazioni. Anna Maria Carpi (Milano, 1939), inedito
Il mio cuore ha l’accesso stretto il sangue non ci passa facilmente o rigurgita o rimane dentro, così gli altri non sanno che passione ho per loro che potrei fermare anche gli ignoti per la strada e dirgli tutto quello che ho dentro e non mi passa – e sarebbe la grazia. Anna Maria Carpi (Milano, 1939), da L’asso nella neve (Transeuropa, 2011)
Io non mi lascio andare, e sempre quella è la mia domanda: dimmi, che devo fare? Ma tu sul fare sei vago, non è il tuo campo, lo so, fare si fanno le cose di tutti: “Faccia l’amore, faccia e sue cose, veda gente, si svaghi”, e torni alla sostanza. Nel metrò che rigurgita, al ritorno, come un biglietto usato butto via la ricetta, ché nulla mia sgomenta più di questo richiamo al mio sesso e all’umano. Anna Maria Carpi (Milano, 1939), daCompagni corpi. Tutte le poesie 1992-2002 (Scheiwiller, 2004)
LAGHI E LAGHI senza l’altra sponda, boschi d’inverno fragili schiomati come teste di vecchio e poi la neve e lacrime di ghiaccio alle tettoie. Le poche case accenti circonflessi. Un piccolo nel mio scompartimento fa merenda e gioca con l’orsetto con davanti la madre che guarda fuori e il padre col giornale, tutto è fidato e tutto è famigliare. Essere lui, poter ricominciare. Anna Maria Carpi (Milano, 1939), da E tu fra i due chi sei (Scheiwiller, 2007)
SCROSCIA L’ACQUA sincera fredda calda obbediente e schizza per il bagno fino agli allegri led. Care mensole colme di sciocchezze, asciugamani bianchi dove mi nascondo a occhi chiusi e non vedo più niente. Sono io quel volto nello specchio? Un sembiante il caso lo dà a ognuno, ma se lo fissi e pensi “sono io” ti fa impazzire. Anna Maria Carpi (Milano, 1939), da Quando avrò tempo (Transeuropa, 2013)
STORNI nell’aria, migrano questi figli dell’autunno, una mano gigante li ha lanciati su in cielo. Sbandano, ritornano, nel loro giubilo d’essere nessuno, i bimbi del creato. Tutti via, poi il gioco ricomincia, il gioco in alto, al freddo, senza tempo. Non c’è gioco per noi, noi giù nel tempo per le vie del quartiere. Foglie, una cosa sola, solo qualche fruscio, un giacere comune, ultimi battiti, poi una terrea quiete. Anna Maria Carpi (Milano, 1939), da Quando avrò tempo (Transeuropa, 2013)
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