dove vanno gli oggetti amati abitati i mobili dai fiati minuscoli che odorano di tutti i giorni tutto l’unisono del canto accudito quando moriamo? dove vanno le morti bianche e quelle rapide rapite le mani disossate dopo l’altrui l’impazienza dei libri ci abbandona in fuga da un cumulo di respiri falciati dopo di noi chi saprà e continuerà il parlare che ci somiglia?
forse i poeti hanno questo torto di non passare inosservati di essere incollocabili nel silenzio al posto loro i versi continuano ad ascoltare e qualcuno parla con toccante curiosità forse i poeti hanno il torto delle parole accese sul loro funerale forse il brusio dei versi letti da un migliaio di noi li tiene svegli nell’eternità li fruga nei lineamenti dei pensieri forse i poeti non si congedano mai dai loro rapitori forse i poeti non muoiono mai abbastanza per vivere nelle parole che ci consumano
il si bemolle dell’universo la musica fedele delle sfere che intona i pensieri di dio ma disconnette quelli degli uomini che storditi mettono al lavoro ogni presagio per scoprire un tono un intervallo musicale ma non il soffice spartito che comanda le identiche facce del moto l’infaticabile armonia che compone forme e chiarezze il si bemolle dell’universo l’unico suono di cui dio dispone per essere nella pancia del topo e nel volo dell’aquila
ha 50 anni l’isola di Surtsey non sarebbero così beati i bagnanti se sapessero di essere seduti sul pennacchio sulfureo che diritti li porta al cuore incandescente ultima presenza del gigante di fuoco in piedi al centro della terra un fischio di allarme lì magari nel punto più preciso del costato dove io sento le bordate assassine dove c’è il coltello acceso siamo universo verso uno mio amore apostolico mio profitto d’acciaio trasparente dove andranno i continenti in futuro? 7 placche di crosta terreste 7 pezzi separano pangea in fratture costali è per questo che la crosta oceanica si è sgretolata sotto i colpi del martello celeste? è per questo che radioso hai solidificato direzione e velocità per cambiare il mio e il tuo futuro?
legione sterminata siamo vespaio celeste nel petto delle stelle amanti folgorati dal candore fatto bersaglio Abelardo e Eloisa Camille e Roden Paolo e Francesca Dino e Sibilla abbiamo costruito prigioni disarmate e rispondiamo quando ci disegnano in miniatura nella lunga strada di pagine bianche e ci chiamano la parte sbagliata dell’amore
nome di mare Ventotene vento e catene stringono dolcemente la forma di piccolo animale l’ugola dell’isola canta di notte sotto il cielo di cinque stagioni al cenno delle onde un immenso spazio-tempo pronto a levare l’ancora a perdersi nel buio nel corpo oceanico fondo a cui tutti i mari del mondo misteriosi si chiamano
non ha centro questo universo non ha tangente questo blu chiamato mondo nella docile clausura della carne tutta la crudeltà è nel perpetuo nascere fine e nife possiedono un solo grembo possediamo un unico cielo nell’intero firmamento che sia misurabile con il compasso invisibile del lutto
siamo tutti una finzione siamo tutti nel Truman Show pattuglie del Grande Fratello identità di segnali impiantati sottopelle nella parte alta del pensiero mentre ami oralmente il tuo boyfriend mentre guardi il magrissimo comico occhialuto Wally Cox se sei a Parigi e ascolti Edith Piaf il curriculum digitale informa paziente l’agenzia governativa e ci puoi giurare non ci puoi fare niente dall’adolescenza alla morte d’infarto sarete insieme zelantemente per sempre l’unico modo per salvarsi è restare invisibili far finta di non essere mai nati
tu parli azzurro quando dici in mio favore la parola tu parli azzurro dentro il pianto che mi spaia gli occhi ma io sento la notte dolorarmi all’origine blandirmi sfinirmi prima del mattino delicato io slaccio dentro i sogni li faccio svelare via sciamano dall’intimo tu parla azzurro e ferma la porta girevole del mio ombelico e sbattimi lo slancio dentro io sento il dolore della sedia che partorisce il tarlo il dolore dell’erba che ferisce il bosco il tremendo odore della vita
nome di mare Ventotene vento e catene stringono dolcemente la forma di piccolo animale l’ugola dell’isola canta di notte sotto il cielo di cinque stagioni al cenno delle onde un immenso spazio-tempo pronto a levare l’ancora a perdersi nel buio nel corpo oceanico fondo a cui tutti i mari del mondo misteriosi si chiamano Anna Buoninsegni Ad occhi aperti Crocetti Editore 2005
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