voleva dirti addio per questo anno o meglio mettiti in vestaglia riconoscimi diversa al tocco della filigrana si è versata tutto è veglia dietro la grata è casta così solo così dove tiene il cielo orientato pare una donna di dio nella febbre del dio
isolato da tutti oggi salvo da un’esplosione al tritolo ho dentro schegge nella carne della spalla braccio sinistro immobile una mi buca il taccuino che porto davanti al cuore si blocca senti senti in un foglio da 10 esistono gli dei? una carezza sul petto con ghiaia fra i denti miei
Occupati dei guai, dei problemi del tuo prossimo. Prenditi a cuore gli affanni, le esigenze di chi ti sta vicino. Regala agli altri la luce che non hai, la forza che non possiedi, la speranza che senti vacillare in te, la fiducia di cui sei privo. Illuminali dal tuo buio. Arricchiscili con la tua povertà. Regala un sorriso quando tu hai voglia di piangere. Produci serenità dalla tempesta che hai dentro. “Ecco, quello che non ho te lo dono”. Questo è il tuo paradosso. Ti accorgerai che la gioia a poco a poco entrerà in te, invaderà il tuo essere, diventerà veramente tua nella misura in cui l’avrai regalata agli altri.
potessi venire a prenderti anche senza braccia come un avanzo brandelli di carne sibilando un cambio di destino oh se venissi a prendermi un sabato sera starti lì a parlare spiegarti la morte o meglio farti capire cos’è quella luce in camera mia trasformandoci identici unico sangue piange un amico il frutto della polvere antico petalo amore rapidamente in trionfo tonfo del ghiaccio si sente portandomi una bianca bara la mente oh venissi a prendermi stasera troveresti il pacco pronto una valigia di fortuna con la vergogna di una paura grigia
bosco che s’inclina una strada d’acqua sottovento chiedimi tenacia tra le foglie della trafittura e fiorisci tutta vicinanza orlo di nuvola oltre le mura della città antica versami la polpa di ciliegia rossa rossa il nettare sul petto così sangue pare tra le dita premute il groppo lucido dei frutti mentre sorridi e accenni nel morso un’infinita accoglienza di dolore da STANZE D’ARGILLA
perditi il sogno resina animale profumo che porto nella notte di angustia comprendi è la carezza vagabonda che tira la testa celeste e con un soffio la carezza gentile è lei è lei mi beve
papà… se sapessi… il tuo orologio mi funziona… come dirtelo piano all’orecchio da vecchie foto aeree sorreggendoti le palpebre… trascinarti a me nella pianura dell’oro e lentamente togliere le ossa all’ora rimanendo figlio dentro e al polso la tua voce
non c’è poi una differenza tra il palcoscenico di luce e il deposito delle marionette certo i vestitini sono di repertorio la meraviglia di una morte aperta come il libro della sapienza non può mancare ma… giù il sipario sai… si sta bene qui in questa ovatta qui si sta proprio okay da FACCINA
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