Ore 11,05. Un fumetto. E un bambino col gilet Ha paura la mattina, Jacopo sente che l’abisso gli frenerà il respiro ha paura che i nipoti vivano impotenti, con un vulcano sotto i piedi e macchie grosse così sulla pelle. Non vuole pensarsi depresso, Jacopo pronto neppure per dieci euro sgualciti nella tasca. Cammina e urla, e gli dispiace, ma urla così piano che lo strano frutto che ha appeso al cuore, non oscilla neppure un po’. da Metro C (2013)
Ore 10,35. Sguardi ottimisti. Un insolito vento L’uomo senza braccia non cerca appigli l’uomo senza braccia ha sporte che gli pendono dai lembi muove il mento come a voler dire qualcosa il volto smunto povero di peli un tipo biondo lo fissa segue con lo sguardo la sua ellittica geometria un uomo – si sa – esige dei legami non ha motivo d’essere quell’albero potato, senza rami. da Metro C (2013)
D’accordo, sì d’accordo tengo ferme le mani sul bordo e quando piove mi metto in ascolto Tante bulimiche variazioni sul tema sordo ronzare di immobilità estrema Insonne sfioro le foglie del mutamento che cade la pelle al rigore del tempo. da Il cielo interrato (2006)
Dalla crepa entra la luce, dice rauco il cantastorie dalla parola si rovescia la gioia, recita il salmo dell’ora seconda Una levigata stasi, una inquieta stabilità ora. Non soffia più il vento Non soffia più non muove niente La materia, la terra, cotta nutrita del calore e poi stinta dall’eco di mansarda da urla di rabbia e distanza da chi vuole essere tetto, crine, coperta. da Il verso del taglio (2015)
Sull’orizzonte di legno una torre Eiffel di sali colorati e un opossum che dimentico sempre di salutare. La ragazzina del piano di sopra piove gocce di mercurio dalla fronte, mentre suona canti liturgici con l’insistenza del venditore telefonico, della ghiaia rimestata. Vorrebbe laccarlo di rosso come un giorno di gioia Morta la meccanica può sentirsi fortunata, la musica di benvenuto è pur spaventevole: accenti perfetti, semicrome a tempo, una linea di mozza della casa dell’imbecille guerra che diluisce la morte. da Il verso del taglio (2015)
Ore 09,20. Un lupo mannaro o forse Kappler Tutto il giorno aveva camminato sul ciglio della strada contava i passi e li classificava e poi passava agli organi, alle carni la lingua lastricata e le sue selci intrise del sudore del non dire Aveva infilato le mani chiuse a pugno nelle tasche ed era risalito sin dentro alla campagna Fatto inventario dei pali dei filari piantati come croci, sporcato la punta delle scarpe nello stabbio Ore ed ore si era soffermato, intere ere geologiche e crisi di governo prima di vedere quella farfalla posarsi sulla rete metallica del suicida Senza dote di stelle lo raggiunse brusca la notte gli aprì la bocca come a prender fiato. Vide l’esatto diametro del cuore umano e pensò che fosse proprio una bella giornata per ricominciare, per un attacco aereo negli occhi ancora il rapinoso schianto di quando quel ponte se n’era sparito ghiotto. da Metro C (2013)
Ore 12,22. C’è pure la lirica. Le scarpe scendono Sei, i gradi di separazione tra un trivellatore e un centurione e ferri, cocci, e materiali Si scava verso un fondo che fondo non è mai e quando il gran lavoro (s’) appressa al taglio-nastro, ossa e occhiaie vengon fuori e la gente scalpita, mescola da bere col ricordo, in un banchetto scomodo, dove il rumore di fondo è un ballo felice e rovinoso. da Metro C (2013)
Ore 16,30. Al sole tra polvere e zanzare Su una panchina nel parco a pochi passi c’è la signora Ida seduta, ferma immobile Lenta come un pavone muove l’unghia pittata ad indicare com’è che vuole il taglio allegra la rumena le apparecchia intorno al collo le guance un po’ arrossate La gita fuori porta è cominciata la tavola imbandita, anche stirata Si gioca a fare i ricchi, pomeriggio ché appena cala il sole il gioco finisce le donne vanno a casa in ritirata, attente a attraversare sulle strisce. da Metro C (2013)
Nessuno se ne accorge ma è partito a buie ondate un altro sogno d’oro Città polifonica orizzonte verticale Vibrano angeli – stelle – uomini sospesi sull’albero dei chiodi di cielo. da Il cielo interrato (2006)
Ore 23,48. Sbeffeggiare Jonkind lo sciocco Profumi sofferti La lingua lastricata di stazioni di carne muta e da brodo salate le lacrime, avvolte nello spago spesso, vinto nel nodo nell’abbaglio del fitto che assale una rinvenuta frontiera di punte di spillo e mosche. da Metro C (2013)
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