La cosa più superba è la Notte, quando cadono gli ultimi spaventi e l’anima si getta all’avventura. Lui tace nel tuo grembo come riassorbito dal sangue, che finalmente si colora di Dio e tu preghi che taccia per sempre, per non sentirlo come rigoglio fisso fin dentro le pareti.
Spazio spazio, io voglio, tanto spazio per dolcissima muovermi ferita: voglio spazio per cantare crescere errare e saltare il fosso della divina sapienza. Spazio datemi spazio ch’io lanci un urlo inumano, quell’urlo di silenzio negli anni che ho toccato con mano.
Pensiero,io non ho più parole. Ma cosa sei tu in sostanza? qualcosa che lacrima a volte, e a volte dà luce. Pensiero,dove hai le radici? Nella mia anima folle o nel mio grembo distrutto? Sei così ardito vorace, consumi ogni distanza; dimmi che io mi ritorca come ha già fatto Orfeo guardando la sua Euridice, e così possa perderti nell’antro della follia.
Pensiero, io non ho più parole. Ma cosa sei tu in sostanza? qualcosa che lacrima a volte, e a volte dà luce… Pensiero, dove hai le radici? Nella mia anima folle o nel mio grembo distrutto? Sei cosi ardito vorace, consumi ogni distanza; dimmi che io mi ritorca come ha già fatto Orfeo guardando la sua Euridice, e cosi possa perderti nell’antro della follia.
Quando gli innamorati si parlano attraverso gli alberi e attraverso mille strade infelici, quando abbracciano l’edera come se fosse un canto, quando trovano la grazia nelle spighe scomposte e dagli alti rigogli, quando gli amanti gemono sono signori sulla terra e sono vicini a Dio come i santi più ebbri. Quando gli innamorati parlano di morte parlano di vita in eterno in un colloquio di un fine esperanto noto solo a Lui. Il loro linguaggio è dissacratore, ma chiama la grazia infinita di un grande perdono. Del tuo ultimo tempo senza colore, delle tue arringhe senza popolo, della tua vasta legge d’amore, che da ozi e digiuni, girando intorno a una grande solitudine hai scoperto il baricentro del cuore, o mio sudato amore senz’arte che mi hai fallito le carte del pudore.
Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive. Quelle come me donano l’anima, perché un’anima da sola è come una goccia d’acqua nel deserto. Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio di cadere a loro volta. Quelle come me guardano avanti, anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro. Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano, tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo. Quelle come me quando amano, amano per sempre. e quando smettono d’amare è solo perché piccoli frammenti di essere giacciono inermi nelle mani della vita. Quelle come me inseguono un sogno quello di essere amate per ciò che sono e non per ciò che si vorrebbe fossero. Quelle come me girano il mondo alla ricerca di quei valori che, ormai, sono caduti nel dimenticatoio dell’anima. Quelle come me vorrebbero cambiare, ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo. Quelle come me urlano in silenzio, perché la loro voce non si confonda con le lacrime. Quelle come me sono quelle cui tu riesci sempre a spezzare il cuore, perché sai che ti lasceranno andare, senza chiederti nulla. Quelle come me amano troppo, pur sapendo che, in cambio, non riceveranno altro che briciole. Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso, purtroppo, fondano la loro esistenza. Quelle come me passano inosservate, ma sono le uniche che ti ameranno davvero. Quelle come me sono quelle che, nell’autunno della tua vita, rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti e che tu non hai voluto…
Quiètati erba dolce che sali dalla terra, non suonare la tenera armonia delle cose viventi, mordi la tua misura perché il mio cuore è triste non può dare armonia.
Rinnovate ho per te le antiche date sino da quando l’Ellade gioiosa si compiaceva d’ogni assurdo, cupo seno di vergini aggiogate allo splendido carro apollineo. E, infuriata com’esse grido all’ara del tuo amore perfetto tutta la forza del mio sangue oscura.