Veleggio come un’ombra nel sonno del giorno e senza sapere mi riconosco come tanti schierata su un altare per essere mangiata da chissà chi. Io penso che l’inferno sia illuminato di queste stesse strane lampadine. Vogliono cibarsi della mia pena perché la loro forse non s’addormenta mai.
Un’armonia mi suona nelle vene, allora simile a Dafne mi trasmuto in un albero alto, Apollo, perché tu non mi fermi. Ma sono una Dafne accecata dal fumo della follia, non ho foglie né fiori, eppure mentre mi trasmigro nasce profonda la luce e nella solitudine arborea volgo una triade di Dei
Torna amore vela delicata e libera che occupi il pensiero della mia terra sto morendo sulla grandiosità di un fiume che è rosso di desiderio e vorrebbe travolgere il tuo amore.
La cosa più superba è la Notte, quando cadono gli ultimi spaventi e l’anima si getta all’avventura. Lui tace nel tuo grembo come riassorbito dal sangue, che finalmente si colora di Dio e tu preghi che taccia per sempre, per non sentirlo come rigoglio fisso fin dentro le pareti.
Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive. Quelle come me donano l’anima, perché un’anima da sola è come una goccia d’acqua nel deserto. Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio di cadere a loro volta. Quelle come me guardano avanti, anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro. Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano, tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo. Quelle come me quando amano, amano per sempre. e quando smettono d’amare è solo perché piccoli frammenti di essere giacciono inermi nelle mani della vita. Quelle come me inseguono un sogno quello di essere amate per ciò che sono e non per ciò che si vorrebbe fossero. Quelle come me girano il mondo alla ricerca di quei valori che, ormai, sono caduti nel dimenticatoio dell’anima. Quelle come me vorrebbero cambiare, ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo. Quelle come me urlano in silenzio, perché la loro voce non si confonda con le lacrime. Quelle come me sono quelle cui tu riesci sempre a spezzare il cuore, perché sai che ti lasceranno andare, senza chiederti nulla. Quelle come me amano troppo, pur sapendo che, in cambio, non riceveranno altro che briciole. Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso, purtroppo, fondano la loro esistenza. Quelle come me passano inosservate, ma sono le uniche che ti ameranno davvero. Quelle come me sono quelle che, nell’autunno della tua vita, rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti e che tu non hai voluto…
Quando gli innamorati si parlano attraverso gli alberi e attraverso mille strade infelici, quando abbracciano l’edera come se fosse un canto, quando trovano la grazia nelle spighe scomposte e dagli alti rigogli, quando gli amanti gemono sono signori sulla terra e sono vicini a Dio come i santi più ebbri. Quando gli innamorati parlano di morte parlano di vita in eterno in un colloquio di un fine esperanto noto solo a Lui. Il loro linguaggio è dissacratore, ma chiama la grazia infinita di un grande perdono. Del tuo ultimo tempo senza colore, delle tue arringhe senza popolo, della tua vasta legge d’amore, che da ozi e digiuni, girando intorno a una grande solitudine hai scoperto il baricentro del cuore, o mio sudato amore senz’arte che mi hai fallito le carte del pudore.
Pensiero, io non ho più parole. Ma cosa sei tu in sostanza? qualcosa che lacrima a volte, e a volte dà luce… Pensiero, dove hai le radici? Nella mia anima folle o nel mio grembo distrutto? Sei cosi ardito vorace, consumi ogni distanza; dimmi che io mi ritorca come ha già fatto Orfeo guardando la sua Euridice, e cosi possa perderti nell’antro della follia.
O labbra, labbra disunite e bianche nel valore del pianto penitente, labbra disunite dentro il bacio in tenera protesta di follia, o labbra senza tempo che avete amato un uomo, labbra senza perdono ponete la protesta fuori da una finestra. O labbra della Vergine divina che cantan l’Angelo che ormai si avvicina, è pronto il gran segreto, vengo meno a un divieto.
No, non chiudermi ancora nel tuo abbraccio, atterreresti in me questa alta vena che mi inebria dall’oggi e mi matura. Lasciamo alzare le mie forze al sole, lascia che mi appassioni dei miei frutti, lasciami lentamente delirare e poi coglimi solo e primo e sempre nelle notti invocato e nei tuoi lacci amorosi tu atterrami sovente come si prende una sventata agnella.
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