Anita Nair
Nei suoi occhi il lampo del folle.
“Ciao Madras, ciao demoni infernali
Tenetevi le vostre politicanti e le mosche malate.”
Il treno del Malabar ansa e ridacchia.
Guarda questa ragazza, il pazzo guarda,
Le sue curve son meloni maturi
Mi scusi, non so quello che penso,
Posso sfiorarle i piedi?
Per piacere
La mia follia svanirà
Con la tenera brezza.
Lasciatemi andare, non sono matto
Solo deprivato
Perché ho lasciato la grotta di smeraldo?
Il fiume Nila
Rive alte di ghiaia giallastra
Un tempo fioriva il triangolo d’odio
Chi adorava la vacca, chi odiava il maiale
Chi – capelli di sole – la vacca la mangiava.
Nessuno sa come accadde.
Mille uomini pigiati in un vagone
Trasportati e sballottati, soffocavano.
Quando apriron le porte,
Per il puzzo, dicono
La gente vomitò per miglia intorno.
In Malabar ancora non dimenticano.
Talvolta la brezza ha il lezzo del sangue.
Lo Zamorin[1] vide il proprio volto
In una scheggia di vetro.
Aprì le porte all’avidità coloniale.
Abbiamo tanto pepe,
Così tante le spezie.
Datele in cambio per avere specchi
Deve vivere l’uomo ignaro del suo volto?
Ora i nostri uomini percorrono i mari
Oltre la baia verso Speranza deserta
Su acque stagnanti salpano le donne
Zattere solitarie, filando fibre di cocco, tessendo sogni.
Zubeida, nata in una sudicia capanna
Ora è regina di un palazzo verde
Ogni giorno rivoli di succhi
Di frutta le scorrono sul mento
Che altro si vuole dalla vita? Chiede.
Geeta ha la voce del marito su cassetta
I bambini ogni tanto l’ascoltano
Venu, lontano cugino
Fa l’amore con lei mercoledì e venerdì
Saziando il desiderio e il bisogno di coccole
Le carezza la pelle.
Lei gli lecca le palpebre e lo incita
A possederla in un’estasi ritmata.
Soltanto finché “lui” non torna a casa,
dice a Dio.
Malibar
Manibar
Mulibar
Munibar
Melibar
Minibar
Milibar
Minubar
Melibaria
Malabria *
Dove la pioggia sibila
L’eco di mille passi
Ciascuno a misurare un cerchio d’umidore.
Dalle grondaie stillano infiniti pensieri derelitti
Lo strombo delle tegole rivela travi a cosce spalancate.
La politica è uno stile di vita
Iscriviti a un partito
Per un’identità
Al Congresso o all’RSS
Ai comunisti o alla Lega Musulmana.
Qui vita ce n’è ancora
Un’aria quieta di serenità.
Nayadi dentro al fango che arriva alle ginocchia
Trattori e bufali a fargli da compagni.
Insieme osservano il tempo passar lento.
E come si può essere appagati
Sapendo i tuoi diritti?
Militanti si vestono con vesti di insegnanti
La foresta nasconde cuori disincantati
Ad ogni istante incombe la pazzia.
Stesa nella piscina verde e limpida
A bocca aperta a bere la rugiada,
La concubina del nonno ieri è morta.
Chi gli accenderà la lanterna? mi domando.
Mio padre è ritornato dai suoi vasti giri
Ha costruito una casa e ci ha messo i suoi libri.
Mia madre ama non pensare a nulla.
La grotta di smeraldo ti avvolge consolante.
L’uccello-diavolo piange: puh-ah, puh-ah.
Bacio il mio talismano di peli d’elefante.
Le palme da cocco fan frusciare le dita.
Dicono che il coraggio e la tenera brezza
Curino la pazzia.
Un tempo il Malabar era un distretto britannico. Dopo l’Indipendenza, il Malabar non venne più riconosciuto come distretto e la regione venne divisa a formare la parte settentrionale dell’attuale Kerala. Anche se il Malabar non ha dei confini geografici, ne’ compare sulle carte geografiche dell’India, esiste comunque tuttora come uno stato d’animo.