La Chimera

Alberto Bertoni

Alberto Bertoni

per un ricordo di Antonio Delfini
Corri e taci e pensa alla Speranza,
solo alla Speranza,
la Chimera non è, non sarà…
Sei tu, eppure non sei tu
molto più grande, più grosso
sembri una statua scolpita nell’osso
di questo profondissimo muro
però senza dubbio sei tu
il perduto di oggi
che vaghi nel tuo ippodromo
Sotto la pelle un lievissimo alone
blu, come il resto della luce
perché tutto il resto
quest’anno è venuto troppo presto
la neve in ottobre sul Cimone
e il primo sottozero
ma dopo più niente
solo forse un colore, un odore di ruggine
attorno
E in te, come sempre
troppo presto è venuta
quest’ansia implacabile di corsa
in mezzo agli altri
che ti spingono ti premono
ti vogliono sempre più veloce
sempre più ladrone di te stesso
Ma tu vorresti invece un atrio vuoto,
un qualunque corridoio
dove fare sosta e tacere,
osservare e ancora tacere
impietrito nel foro del cunicolo,
accucciato, impotente, bloccato di botto
Poca roba, come sempre
la casa di notte
una bolla d’arancione nello scuro
a tenerti ancorato
al tuo pavimento mezzo sporco
al tran tran del mal di fegato nascosto
e negato lì nel cuore dell’andito
con tutte le conseguenti assenze, lentezze, voglie
di volo fino al sole
la sicurezza della morte
nel guscio di lenzuola scomposte
come pozze di fango
e la lingua della gatta
a caccia di una cimice
sulle persiane vuote
daIl Sosia